Nella concordia dei reciproci affetti… la Vita!

Su ali d'aquila

Domenica 28 gennaio 2024 • Festa della Santa Famiglia


Per comprendere la Parola di questa domenica dobbiamo soffermarci sull’icona con la quale viene rappresentata la Sacra Famiglia. Icona che non narra solo della famiglia di Nazareth, ma della vocazione che ogni famiglia custodisce.

Nella tradizione di solito la figura S. Giuseppe è scritta nell’atto di abbracciare Maria e Gesù. E’ un abbraccio che sembra custodire, proteggere i due: questo è il compito che Giuseppe ha assunto nel diventare il papà di Gesù e lo sposo di Maria. Oltre a questo atto, però, mi colpiscono altri due dettagli. Il primo: Giuseppe poggia l’orecchio su Maria, quasi come se Lui dovesse imparare da Maria la sua fede e fiducia in Dio, fiducia che all’inizio Giuseppe non ha totalmente avuto. In quel gesto di tenerezza scopriamo l’importanza non della sopraffazione nella coppia, ma la bellezza di quell’ascolto che genera vita, che genera paradossalmente fede! Il secondo gesto, invece, è la mano di Giuseppe posta sulle mani di Maria e Gesù, quasi a conferma del suo custodire, ma anche del vedere nella sposa e nel figlio putativo la forza, la ragione della sua vita.

Maria si trova in mezzo ai due uomini. Se da una parte poggia il suo orecchio su quello di Giuseppe, dall’altra le sue mani toccano la mano di Gesù e lo sorreggono, segno di quella fede che custodisce nel cuore tutte le cose. Le custodisce non perché siano di sua proprietà, anzi, ma perché diventano il tesoro spirituale della Chiesa stessa. Maria nel sorreggere Gesù è come se ricordasse alla Chiesa la sua vocazione a indicare sempre il Signore, colui che guida e orienta il suo cammino. Non solo: in quel sorreggere Maria rivela l’amore casto, l’amore che mai possiede e crede di possedere, ma l’amore che ama donando tutto sé stesso, compiendo anche delle rinunce significative, ma perché nella mia vita c’è il Signore della vita. Così rileggo il toccare la mano di Gesù da parte di Maria: Maria ha rinunciato ad ogni progetto per accogliere il progetto che Dio aveva su di lei, la sua vocazione ad essere Madre di Dio e della Chiesa. Accogliere una vocazione vuol dire saper rinunciare, ma cogliendo una prospettiva di vita vera.

Gesù si trova al centro della icona. Se da una parte è sostenuto dai suoi genitori, segno di come Dio per salvarci ha abitato tutta la nostra umanità, a cominciare dai telerei affetti della famiglia, salvandola quindi dalle sue storpiature, dall’altra Gesù è benedicente, quasi a significare che nel mistero della famiglia Gesù ha compreso la sua vocazione di Figlio di Dio. Vocazione che è sacerdotale, chiamato a intercedere e a donarsi tutto per il bene dei fratelli, strappando ogni aspetto della nostra umanità dalla morte. Non sono un caso gli abiti di Maria e Giuseppe: nei colori blu e rosso si rispecchia il dono totale di Gesù, della sua vita terrena e divina, dono che però non ha come ultima parola la morte, ma anzi la sua sconfitta. Sconfitta nella gloria della risurrezione, nella pienezza della rinascita che ogni credente è chiamato a vivere.

Oggi guardiamo alla Sacra Famiglia come a quella promessa di diventare anche a noi come la sacra Famiglia. Diventare non per essere una fotocopia, ma per accogliere invece la pienezza di quella risurrezione dalle ferite umane e sociali che anche le nostre famiglie vivono. Siamo chiamati a essere casa dei teneri affetti, case dove veramente ognuno possa riscoprire la sua vocazione. Case non chiuse nell’io, ma case aperte a quel mistero che è la persona che Dio mi ha donato e in essa riscoprire la vocazione vera a cui il Signore mi chiama. Ed è in questa riscoperta che allora ogni sacrificio potrà essere superato, non per strani miracoli, ma perché i nostri sguardi si poseranno sulla vera vita e in Colui che è la vera Vita che si rivela ancora oggi nello sguardo dei miei figli, dei mi nipoti, di mia moglie e di mio marito: Gesù Cristo.
 

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